Tra i tanti progetti per ridurre il digital divide di cui ho sentito parlare in questi mesi, uno in particolare mi ha colpito e, visto che proprio oggi ne ho visto la presentazione ad Eminent, ho deciso che era ora di dedicargli un post.
Mi riferisco al progetto e-escolinha: all’interno di un quadro di iniziative molto vaste e a tutto tondo il Ministero per l’educazione del Portogallo mette a disposizione di tutti i bambini portoghesi dai 6 e 10 anni un piccolo portatile, il Magalhaes di Intel. Si tratta dell’analogo del JumpPC in vendita in Italia e destinato ai bambini (forme arrotondate, tastiera morbida antipolvere, facilita’ d’uso, presenta di un software per il controllo parentale), ma in una versione successiva a quella che ho finora visto (devo dire che pensandolo destinato ad un bambino e’ proprio un bell’oggetto) e con la possibilita’ di scegliere il sistema operativo tra WIndows e Linux.
Torniamo al progetto. Il Ministero fornisce il computerino a tre condizioni: gratuitamente per chi e’ al di sotto di una certa fascia di reddito, a 20 euro per fasce intermedie e a 50 euro per fasce di reddito piu’ alte. Inoltre, in abbinata, i bambini ricevono tre librini, uno per loro e due per genitori e insegnanti, con chiare istruzioni per l’uso (comprese quelle del parental control per i genitori). Non e’ “obbligatorio”: il pc c’e’ per tutti ma sara’ dato solo a chi lo richiede. Inoltre, non c’e’ nessuna imposizione di utilizzo a scuola (nonostante, ci tiene a precisare la ministra, in Portogallo tutte le scuole sono connesse a internet a banda larga e ci sono diversi corsi per l’uso dell’ICT nella didattica rivolti agli insegnanti). Infine, stanno stringendo accordi con case editrici ed autori per fornire gratuitamente ai bambini anche dei contenuti digitali e degli ebook preinstallati o disponibili online. Precisazione fondamentale: i computer sono dati proprio ai bambini, non alle scuole, si tratta del loro personal computer, che non devono restituire al termine del ciclo di studi.
Il Ministero sa’ che questo sara’ il primo computer che entrera’ in casa in ogni famiglia ed e’ cosciente del fatto che questo non eliminera’ il problema del digital divide. L’obbiettivo e’ innescare un circolo vizioso “bottom up”: i bambini crescono con i computer e diventano loro protagonisti di un’innovazione che fa parte del loro bagaglio culturale.
Come sostengono questo progetto? Con una piccola clausola posta a suo tempo con iprovider di telefonia e internet, che ora “ripagano” un contratto steso tempo fa con il Ministero in termini di servizi per l’education (infatti tra le varie offerte c’e’ anche qualche agevolazione per la connessione a internet). Ad essi si uniscono poi altri finanziatori.
Alla base del progetto c’e’ la seguente filosofia: per una societa’ veramente democratica e’ fondamentale l’accesso alle informazioni. E, le informazioni, nell’era del web2.0, si sa’, sono nel web…
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