Complice forse il processo a Pirate Bay, alle censure ai sistemi di peer-to-peer (come se servisse a qualcosa, sentire un tecnico ogni tanto prima di fare una legge no, eh? anche solo nei corridoi non c’è bisogno di istituire un comitato tecnico per certe risposte…), la terrifica legge Sarkozy per il web (una ne pensa e mille ne fa, peggio di Arnold), i diritti d’autore sui discorsi del Papa (ebbenesìèpropriocosìsecitiilPapapaghileroyalties) le pie(a)ghe del decreto milleproroghe, tutti in questi giorni si stanno appassionando al dibattito sul diritto d’autore. E daltronde con le case discografiche che perdono diversi miliardi di dollari in diritti d’autore a causa della pirateria ogni anno (così dicono), sicuramente non è un argomento che lascia indifferenti, visto che coinvolge molti soggetti (autori, traduttori, redattori, illustratori, impaginatori, stampatori, certificatori, editori- parliamo di milioni di persone che lavorano in questi settori nel mondo).
Per info più precise un giro sui quotidiani di questa e l’altra settimana sono più che sufficienti, non ce n’è uno che non abbia fatto degli approfondimenti in merito.
A me però colpisce soprattutto che proprio le major discografiche stanno abbandondando dichiaratamente la partita, dopo aver tentato in tutti i modi di bloccare la pirateria con mezzi più o meno brutali e lobby ai governi per far approvare leggi devastanti per la privacy, pare che ora l’orientamento sia limitare i danni (=ritardare finché si può) e cercare nuovi metodi per fare soldini. E daltronde quando il materiale piratato si trova in giro prima che entri in commercio quello non piratato (vedi album degli U2 o vari film: le case cinematografiche ormai fanno a gara con i pirati, escogitando le manovre più fantasiose, per riuscire ad uscire prima nelle sale che nei siti di filesharing, peraltro con pessimo successo…), diventa veramente complesso immaginare di mettere dei paletti solidi. Come giocare una partita di calcio accorgendosi che quando suona il fischio di avvio l’altra squadra ha già fatto gol.
Riprova ne è che persino iTunes (dico: itunes, non so se mi spiego!!!! – anche se la data annunciata è il primo di aprile…) ha deciso di vendere la musica senza i DRM, così ha dichiarato anche Vodafone l’altro ieri. Analoghi discorsi si stanno facendo strada presso i rivenditori di ebook (oltre O’Really, anche editori non specialistici ci stanno pensando). Ora il problema non è da poco: sui diritti d’autore è costruito oggi il mercato della cultura, rivoluzionare il sistema (perché i DRM non risolvono il problema al momento e la loro assenza tanto meno, se devi far affidamento ai soli “onesti” compratori…stai fresco) mantenendo in piedi il progresso culturale (se di tale vogliamo parlare – e io penso che lo sia) mette in campo una seria discussione su come mantenere in vita un sistema che promuova l’innovazione.
Nell’ambito musicale e, all’estero per quanto riguarda gli ebook, si parla di “servizi” o di abbonamenti (che poi, alla fine, sempre di servizi si tratta, v. Come with music della Nokia – gran bell’idea a mio avviso anche se non drm-free), ma la luce è ancora flebile sulla strada. (fra l’altro segnalo il post di Smart Bitches da cui si può imparare che cosa c’è che non va attualmente nei DRM, molto istruttivo, da leggere anche se… lo si sa già).
Per concludere, a me sembra che tutto sia ancora molto confuso e da costruire: sono ottimista per natura e spero che qualche geniaccio si faccia venire qualche idea brillante in mente per mantenere in vita il mercato della cultura e, perché no, renderlo ancora migliore. Quel che vediamo probabilmente tramonterà, ma ora non mi pare di intravvedere ancora una strada ben definita, quanto tante sperimentazioni, qualcuna più promettente altre decisamente meno.
beh, staremo a vedere. Riparliamone fra dieci anni, quando forse saremo pronti o qualcun altro, magari su Marte, ci avrà pensato per noi (ci sono dei vantaggi a vivere in “un paese in via di sviluppo” come mi capita ogni tanto veder citata l’Italia in report o presentazioni all’estero…)
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