Interessante riflessione di Mike Lang, CEO di Miramax, secondo il quale il vero rischio per l’industria musicale e cinematografica è il monopolio (per es. dei distributori e dei dispositivi) e non la pirateria. La riporta Boing Boing qui (in calce al post, riporto anche il video, c’è un lungo spot ma poi arriva anche l’intervista…).
Sul secondo punto non so giudicare, ma sul monopolio condivido le stesse preoccupazioni anche per gli altri ambiti e dal punto di vista dell’utente.
Come non piacerebbe a nessuno (credo) avere nell’armadio un unico tipo di vestito che si compra per tutta la vita dallo stesso negoziante (la divisa all’ennesima potenza…), non di più mi piacerebbe comprare dallo stesso negozio online, avere un unico fornitore di servizi di comunicazione (non era meglio quando c’era solo la “SIP”), avere lo stesso tipo di smartphone e ebook reader.
Ben venga tutto ciò che favorisca la diversificazione e una sana concorrenza.
Non sembra facile, con le sfide che diventano globali e la competizione sempre più dura, non credo saranno delle leggi a garantire la pluralità, mentre potrebbero dare una mano un impianto culturale e sociale orientato al “si può fare” e che facilita l’accesso agli strumenti per farlo.
Forse bisogna ripartire da qui. Ci penso.
Sul secondo punto non so giudicare, ma sul monopolio condivido le stesse preoccupazioni anche per gli altri ambiti e dal punto di vista dell’utente.
Come non piacerebbe a nessuno (credo) avere nell’armadio un unico tipo di vestito che si compra per tutta la vita dallo stesso negoziante (la divisa all’ennesima potenza…), non di più mi piacerebbe comprare dallo stesso negozio online, avere un unico fornitore di servizi di comunicazione (non era meglio quando c’era solo la “SIP”), avere lo stesso tipo di smartphone e ebook reader.
Ben venga tutto ciò che favorisca la diversificazione e una sana concorrenza.
Non sembra facile, con le sfide che diventano globali e la competizione sempre più dura, non credo saranno delle leggi a garantire la pluralità, mentre potrebbero dare una mano un impianto culturale e sociale orientato al “si può fare” e che facilita l’accesso agli strumenti per farlo.
Forse bisogna ripartire da qui. Ci penso.
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