(Levy-moment) Il sempre eterno caro problema dell’identità, nel web come nella scienza, abituati ai grandi numeri, alle statistiche, a cercare il “massimo comune divisore” che ci aiuta a descrivere la realtà (o la virtualità), e nel contempo ci fornisce un modello che di reale probabilmente non ha nulla (anche se funziona generalmente “con buona approssimazione” per gli scopi per cui è estrapolato). Tutte le volte che penso a questi temi mi vengono in mente quei software che dato un numero di volti, estrapolano il “volto” con i tratti comuni, da cui è virtualmente possibile con piccole modifiche ottenere tutti gli altri oppure usare i dati per fare un rendering tridimensionale da una foto. In realtà mi è venuto in mente questo tema oggi perché guardavo il giornale ed era pieno di colonnine di statistiche e curiosamente cercavo di capire a quale colonnina appartenevo. In realtà Levy affronta questo problema per altri motivi, per aiutare a definire il concetto di democrazia molecolare, come base sociale per poter affrontare lo sviluppo futuro (siamo sempre nel 1994…) del web. A me diverte pensare, a questo proposito, la sensazione che si ha quando si fa clic su un sondaggio, con l’illusione che il proprio voto sposti l’ago della bilancia, anche se hanno già fatto clic 100000 persone. Eppure in realtà è proprio così, si sposta anche se non si vede e se “non si misura”… Eppure neppure con un enorme sforzo di fantasia riesco a vedere l’ago che si sposta, ma ci credo lo stesso.
“Come riuscire a non trattare uomini e donne in modo grossolano, massificato, antropico, come se fossero interscambiabili in base a quelle categorie, ma al contrario considerare ognuno come un individuo particolare?” “Cosa perdiamo dicendo noi?”
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