in questi giorni si parla spesso di scandali vari legati alle posizioni universitarie, dev’essere il momento. Certe cose non spuntano dal nulla, ovviamente. La britannica Nature non si perde una battuta e oggi pubblica sul sito online un articolo dedicato al problema del brain drain, la fuga di cervelli.
In pratica, riassume così: il programma di finanziamento per il rientro di cervelli in fuga, stanziato nel 2001, ora dovrebbe concretizzarsi con il passaggio a posizioni fisse all’interno delle università italiane. Ma si levano proteste: “questi cervelli in fuga rientrati saltano la coda passando davanti ai validi ricercatori rimasti in Italia”. Termina con un quadro non proprio simpatico di un cervello rientrato, che alcune evidenze sembrano indicare essere in realtà un truffatore. Non entro nel merito di questa storia, ma di certo mi viene un pò di tristezza a pensare che siamo qui a discutere di come risolvere il problema della fuga dei cervelli facendo i rattoppi qui e là (apprezzo la buona volontà, ma di questo si tratta), quando, forse, sarebbe più importante preoccuparsi di rendere competitivi e attraenti i nostri centri di ricerca, cosa che probabilmente non può prescindere dal passaggio ad un sistema basato sulla meritocrazia (ma sul serio…). Che i cervelli fuggano pure, se per 100 (validi) che partono di italiani, 100 (validi) arrivano di stranieri. Purché sia per scelta e non per disperazione.
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